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Quei cookies... infidi compagni di acquisti
Lunedì 08 Febbraio 2010
autore: Roberto Rais I “cookies” sono dei piccoli files di dati inviati dal browser al pc
dell’utente ogni qual volta accede ad un sito Internet. Grazie al loro impiego
è possibile per il gestore del sito in questione, tener traccia
dell’attività dell’utente e memorizzare alcune impostazioni
personali (ad esempio: dati di connessione, abitudini di acquisto,
articoli inseriti in un carrello virtuale e altre informazioni commercialmente
utili), al fine di recuperarle in occasione di una successiva
visita alle pagine del medesimo sito.
Un interrogativo che da tempo accompagna il loro utilizzo è tuttavia legato
alla loro portata, ossia fino a che punto può spingersi l’impiego
lecito dei cookies?
Sebbene in passato, infatti, l'utilizzo di cookies sia stato più volte oggetto
di polemiche per la loro eccessiva invadenza in termini di privacy, negli ultimi
giorni negli Stati Uniti, alcuni enti di ricerca avrebbero lanciato un chiaro
allarme: i cookies sarebbero utilizzati sempre più per discriminare le
condizioni di vendita applicate ai potenziali acquirenti, generando pratiche
commerciali piuttosto scorrette.
Nonostante la logica alla loro base sia infatti apparentemente innocua, un
numero crescente di venditori online starebbe sfruttando la loro potenzialità
per rendere le proprie offerte sempre più flessibili in termini di prezzi in
base al tipo di utente che visita il proprio sito. Di conseguenza, visitando
alcuni portali di e-commerce, non sarebbe affatto raro riscontrare
l'applicazione di condizioni di vendita differenti a seconda della zona
di appartenenza o dell'età anagrafica dei visitatori-acquirenti, con maggiori
oneri per gli adulti che vivono in quartieri di pregio, e ribassi significativi
dei prezzi per i più giovani. Molti i siti in cui sarebbe in atto da
tempo la pratica in oggetto: tra gli habitué, sarebbero stati già segnalati un
noto portale di musica online, diversi siti di prodotti letterari, e alcune
vetrine virtuali di abbigliamento.
Ad ogni modo, nonostante quanto l'opinione pubblica americana ritenga la pratica
illecita e discriminatoria, la prassi commerciale sopra descritta è purtroppo
legale, visto che -entro certi, ampi, limiti- è del tutto lecito che un
negozio online possa vendere la stessa merce a prezzi diversi.
A questo punto l’interrogativo è ovvio: come evitare di diventare
“vittime” di questo tipo di cookies e dover pagare un articolo ad un prezzo
differente rispetto ad un altro utente?
I suggerimenti più utili per evitare di subire prezzi “discriminatori”
sarebbero diversi, in particolare vi è chi consiglia di utilizzare
diversi computer per fare acquisti in rete, cancellare periodicamente i
cookies dal pc, comparare i prezzi nei siti web concorrenti, evitare di
allontanarsi da un sito di e-commerce lasciando oggetti nel
“carrello”, e infine annotare gli acquisti effettuati in passato su
di un sito per confrontarne l'evoluzione dei prezzi nelle successive visite al
medesimo.
Roberto Rais
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