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La conciliazione nell'e-commerce: quando è realmente utile?
Martedì 24 Febbraio 2009
autore: Rocco Gianluca Massa Capita spesso tra chi acquista e vende on line di imbattersi in compravendite
dall'esito non proprio felice, transazioni in cui spesso una delle parti non
vede adempiere l'altro soggetto come da aspettative e di fronte alle quali
l'interessato si trova necessariamente a valutare le possibili vie da
percorrere per far valere i propri diritti e tutelare i propri interessi.
In tali circostanze il ricorso alla tutela giurisdizionale può apparire la
soluzione più ovvia, ma non è di certo la più incoraggiante: tra
lungaggini e spese processuali, come è noto, il consumatore che
lamenta un'inadempienza contrattuale da parte del venditore per un oggetto di valore non proprio elevato (ad es. 50,
60 o 70 euro) si guarda bene dal ricorrere alla giustizia ordinaria e preferisce
ricorrere a meccanismi “alternativi” (si pensi ad es. ai Programmi di Protezione Acquirenti previsti da
PayPal per taluni acquisti) o a percorrere altre vie che possano
limitare il più possibile il pregiudizio economico patito a causa del
venditore.
E' frequente allora per il consumatore medio cercare -magari con l'ausilio di
con un comune motore di ricerca- quella “soluzione ideale” e meno
dispendiosa per risolvere la controversia; può accadere, quindi, di imbattersi
in siti dedicati a quegli strumenti di risoluzione delle controversie
alternativi alla giustizia ordinaria (c.d. ADR - Alternative Dispute Resolution)
che in apparenza sembrano confarsi proprio alle esigenze dell'interessato.
La conciliazione stragiudiziale è uno di questi strumenti; un istituto
riconosciuto dal nostro ordinamento (si veda la Legge n.580 del 1993, ma anche il D.Lgs.n.70 del 2003 e il D.Lgs.n.206 del 2005) e
finalizzato alla composizione “amichevole” di una lite tra imprese e
tra imprese e consumatori. Oltre al Giudice di Pace (ex art. 322 c.p.c.
e di cui, tuttavia, non mi occuperò in questa sede) la funzione conciliatoria
stragiudiziale è esercitata soprattutto da numerosi enti privati o pubblici (su
tutti le Camere di Commercio) e possono avvalersene quei soggetti interessati a
definire, in maniera vantaggiosa e con l'ausilio di un terzo super partes
(il conciliatore), una controversia di natura economico-commerciale.
La peculiarità della conciliazione è infatti proprio quella di non
affidare al conciliatore un potere giudiziale o decisorio sulla questione da
risolvere, ma di favorire il dialogo tra le parti interagendo con esse
e senza vincolarle in alcun modo sulla migliore soluzione da adottare per
comporre la controversia.
In base alla materia oggetto della lite esistono vari tipi di figure
conciliatorie, in questo caso mi soffermerò su quella del conciliatore nelle
controversie commerciali on line, soggetto che, per vocazione,
esplicherebbe il suo ruolo principalmente nell'e-commerce.
La conciliazione on line (che nelle ADR va annoverata tra le ODR - On line
Dispute Resolution) si differenzia sostanzialmente dal modello tradizionale per
il contesto in cui si svolge la procedura (nel Web tramite forum, scambio di
email, chat o videoconferenza, anzichè -come avviene solitamente- presso la
sede dell'ente) e il modo in cui comunicano le parti interessate.
Si tratta in entrambi i casi di un meccanismo che rileva proprio per la
speditezza delle varie fasi e che nell'insieme porta ad una soluzione della
controversia in un termine piuttosto breve (alcuni organismi
pubblicizzano sui loro siti una tempistica media di 60 gg), per nulla
comparabile con quello richiesto dalla giustizia ordinaria.
La conciliazione, infatti, ha inizio con un'istanza che il soggetto interessato
-consumatore o imprenditore- compila e consegna ad apposito ufficio dell'ente
(nel caso di conciliazione on line, il tutto avviene tramite Internet);
quest'ultimo contatta successivamente l'altra parte invitandola ad aderire al
procedimento entro un certo margine temporale (di solito 15 giorni) dal
ricevimento dell'email. In caso di riscontro positivo l'organismo ne dà
comunicazione all'istante e procede alla designazione del conciliatore (soggetto
scelto solitamente da un apposito elenco in base all'esperienza, alla materia
nel cui ambito rientra la lite da comporre, etc.); al contrario, qualora l'altra
parte rigetti il tentativo di conciliazione, il procedimento si conclude e,
trascorso un certo periodo di tempo dall'ultimo contatto con l'altra parte,
viene archiviato.
Per maggiori dettagli sulla procedura si rinvia il lettore alla documentazione e
al Regolamento di Conciliazione disponibile sul sito di
ciascun ente.
Tra gli aspetti che caratterizzano la conciliazione vi è indubbiamente la
possibilità per gli interessati di prendervi parte senza l'assistenza
di un legale e il costo -alquanto contenuto- dell'intera procedura (nel
link a seguire v. il tariffario della Camera di Commercio di Pescara):
https://www.pe.camcom.it/files/Tariffe%20Conciliazione.pdf
Come è evidente la conciliazione risulta ancor più vantaggiosa quando una
delle parti è un consumatore (i diritti di segreteria pari a 30 euro, infatti,
non sono dovuti), ma al fine di poter valutare adeguatamente la funzionalità
dell'istituto conciliativo è importante esaminarne il possibile esito e
commisurarlo ai vantaggi e svantaggi dell'intera meccanismo.
Nell'ipotesi in cui a seguito dell'istanza dell'interessato l'altra parte decida
di prender parte alla procedura due sono sostanzialmente gli esiti possibili:
1- raggiungimento di un accordo scritto e conseguente composizione della
lite;
2- impossibilità di raggiungere alcun accordo e chiusura senza successo del
procedimento.
E' evidente che in ragione di quest'ultimo epilogo proprio il consumatore medio
sarebbe portato a diffidare dall'utilità dell'intero meccanismo conciliativo.
Ciò nonostante i vantaggi restano molteplici (specie per la procedura on
line):
- riservatezza e speditezza procedurale;
- carattere non vincolante della figura conciliatoria;
- transnazionalità del meccanismo (alla conciliazione possono prendere parte
anche imprese e consumatori di nazionalità diversa) e superamento dei
problemi legati alla legge e alla giurisdizione applicabili alla
controversia;
- in particolare nella conciliazione telematica si annullano le distanze
tra le parti e ciascuna di esse può interagire nell'intera procedura
direttamente da casa (in questo caso le tariffe verrebbero pagate
direttamente on line);
- convenienza dell'intero meccanismo, specie se fatto on line
(a parte l'onorario destinato al conciliatore e gli eventuali diritti di
segreteria non vi sarebbero altre spese da sostenere per le parti);
- informalità della procedura, non essendo richieste formule di rito o
l'assistenza di un legale;
- possibilità in taluni casi di definire l'accordo anche con un solo
incontro tra le parti e il conciliatore;
- possibilità per le imprese, con il ricorso alla conciliazione e la sua
previsione tra le clausole contrattuali, di evitare le spese, le
lungaggini e più in generale le conseguenze di un contenzioso giudiziario
dall'esito incerto;
- stipulazione di un accordo scritto al termine della procedura (inserito nel
verbale di conciliazione o in un documento separato) avente valore
contrattuale tra le parti.
Aspetti indubbiamente rilevanti, ma che, ciononostante, non hanno ancora
determinato a mio parere nell'e-commerce business to consumer quel
ricorso all'istituto che può caratterizzare il business to
business.
Da cittadino della Rete e da studioso di e-commerce ritengo, infatti, che il
problema non sia solo culturale o comunque di approccio allo strumento della
conciliazione. Spesso infatti si tende ad additare come motivo della sua lenta
crescita la disinformazione e il pregiudizio presenti tra i consumatori
in Rete, ma anche semplificando il procedimento e riducendo le tariffe
è innegabile che il ricorso alla conciliazione (anche on line) desti
disillusione tra gli interessati.
Per meglio comprenderne i perché è necessario considerare quelli che -sempre a
mio parere- sono gli “svantaggi” che caratterizzano lo strumento di che
trattasi agli occhi di un consumatore:
- antieconomicità della conciliazione per i micropagamenti o
comunque per importi anche superiori ai 100 euro. Il perché è dato dallo
spettro del mancato raggiungimento di un accordo che caratterizza l'istituto,
dalle spese necessarie per avviare il procedimento e dalla natura dell'accordo
raggiunto, che non esclude comunque la possibilità di agire in giudizio per far
valere i propri diritti. Gran parte dei consumatori acquista nel web per
risparmiare, in tale ottica anche una spesa “marginale” come quella
di poche decine di euro da corrispondere al conciliatore a titolo di onorario
diventa considerevole;
- l'aspetto emulativo: può apparire un elemento banale o
irrilevante, ma in Rete non lo è. Spesso chi acquista nel web tende a fidarsi
più dei propri simili che non delle istituzioni o comunque di chi viene visto
“dall'altro lato della Rete”, con la conseguenza che ciò che i più
non seguono ha scarsa rilevanza o utilità per il resto della
community;
- il pregiudizio che può accompagnare il consumatore verso l'autorevolezza
della figura del conciliatore on line e l'utilizzo della piattaforma (che
richiede comunque un minimo di dimestichezza con l'ICT per interagire con gli
altri soggetti);
tutte considerazioni che certamente gravano e graveranno sempre sulla diffusione
di strumenti come quello in analisi nel b2c. E a nulla rileva l'eliminazione
delle barriere e delle distanze -punto di forza della conciliazione on line- tra
utenti, dal momento che in una compravendita conclusa occasionalmente ad es. su
eBay appare da subito eccessivamente laborioso e oneroso
cercare di convincere l'altra parte ad avvalersi di uno strumento come la
conciliazione (e qui chi conosce sufficientemente le aste on line e i suoi
meccanismi lassisti non potrà che concordare).
Concludendo quindi ritengo l'istituto della conciliazione in generale utile nel
b2c solo tra partners, o comunque tra soggetti che interagiscono
continuamente tra loro (si pensi a chi acquista spesso nel Web da uno
stesso venditore di fiducia), non avendo rilevante utilità o comunque
grandi possibilità di successo in una compravendita on line
occasionale. Quest'ultimo aspetto potrebbe essere reso comunque più
verosimile qualora un consumatore ad es. decidesse di acquistare nell'interesse
di più persone (si pensi ad un lotto di scarpe o di maglie): in questo caso le
spese di parte per la conciliazione potrebbero essere ammortizzate tra i
reali destinatari della merce, ma viene spontaneo chiedersi quale
espediente dovrebbe rendersi poi necessario per convincere un venditore a
prendervi parte...
Rocco Gianluca Massa
esclusiva per International Traders
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