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Corte di Giustizia UE: se il drop shipper fa il furbo i dazi li paga il venditore
Mercoledì 14 Dicembre 2011
autore: Rocco Gianluca Massa Con una recente sentenza, la
Corte di Giustizia dell'Unione europea è intervenuta sulla nota figura
negoziale del drop ship, fornendo un importante
chiarimento a chi se ne avvale nell'e-commerce (in particolare a chi opera su
eBay) ed ha sempre creduto che il pagamento di dazi doganali e imposte
sull'importazione fosse un problema esclusivamente di chi spedisce la merce
agli acquirenti.
Il drop ship (o drop shipping), come parte dei
lettori saprà, è quel noto modello di vendita a distanza che permette a un
soggetto di offrire un certo prodotto senza doverlo materialmente acquistare dal
fornitore-grossista (il c.d. drop shipper), risparmiando quindi
sui tradizionali costi di magazzino e più in generale sui principali oneri
legati alla normale attività di vendita a distanza, lasciando invece
al drop shipper il compito di spedire la merce al cliente e -salvo
diverso accordo- di risponderne in caso di problemi.
La sentenza in esame rileva principalmente per l'iter giudiziario in cui si
inserisce; un contenzioso promosso da un venditore tedesco di eBay nei confronti
dell'Ufficio principale delle dogane di Aquisgrana (Germania), per avergli
contestato in sede di accertamento doganale il mancato pagamento di
circa 31.000 euro (di cui 10.000 a titolo di dazi doganali e 21.000 di
IVA insoluti) per le merci vendute attraverso il sito d'aste nel biennio
2004-2006. Merci spedite ai suoi acquirenti tramite drop ship da un
fornitore cinese.
In verità alla base dell'accertamento doganale vi sarebbe stata l'introduzione
"irregolare" della merce in questione nel territorio europeo, irregolarità
dovuta alle false dichiarazioni fatte dal drop shipper
cinese sul contenuto e il valore dei plichi postali contenenti la merce, col
probabile intento di raggirare i controlli doganali. Pratica tra l'altro
conosciutissima tra chi compra e vende online col resto del
mondo...
In questo caso, tuttavia, l'escamotage si sarebbe rivelato un vero e
proprio boomerang ai danni del venditore, chiamato a rispondere dalle
dogane di Aquisgrana per le imposte dovute, nonostante nel meccanismo del
drop ship il suo ruolo fosse stato limitato alla sola
conclusione delle compravendite su eBay e alla trasmissione dei nominativi al
fornitore, senza una qualche partecipazione attiva all'ingresso della
merce in Europa.
Da qui la pronuncia pregiudiziale richiesta dalla Corte Tributaria Federale
tedesca (adita dal venditore di eBay dopo una prima soccombenza in
giudizio) alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, sulla base delle
argomentazioni difensive dell'ebayer -a suo dire estraneo alle dichiarazioni
mendaci fatte dal drop shipper- e delle previsioni contenute nell'art.
202 n. 3 secondo trattino del codice doganale comunitario (Regolamento CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992) che, al
contrario, lo collocherebbe tra i debitori dell'obbligazione doganale sorta in
seguito all'importazione irregolare di merce, quale persona
partecipe a detta introduzione "sapendo
o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare".
La sentenza in esame -che ricordo essere sul piano interpretativo giuridicamente
vincolante anche in Italia- mira in sostanza a rispondere ai seguenti due
quesiti:
1) Se chi riveste il ruolo di venditore in un sistema di drop ship, per
la semplice qualità di intermediario nella contrattazione, possa considerarsi
"partecipe" all'importazione irregolare della merce
nell'UE e quindi essere tenuto al pagamento dell'obbligazione doganale già
vista.
2) Se, affinché il venditore possa essere considerato debitore delle imposte in
questione, sia sufficiente che sappia dell'irregolarità
dell'importazione o si limiti, in maniera più ipotetica, a considerare come
eventuale una siffatta circostanza.
Come è evidente la Corte ha riconosciuto scontatamente la qualifica di
"intermediario" a chi vende in un sistema di drop ship seppur
limitandosi a pubblicare le aste online e a raccogliere i dati degli acquirenti,
ma in merito alla prima questione ha disatteso le argomentazioni del venditore,
ritenendolo comunque "partecipe" e quindi tenuto al pagamento delle
somme doganali contestate, anche per non aver prestato direttamente un
contributo materiale all’introduzione irregolare delle merci nel territorio
doganale dell’UE. Quindi, anche solo per aver posto in essere atti
"collegati" a detta introduzione.
Sulla seconda questione, quella relativa alla "consapevolezza" o meno
dell'irregolarità dell'importazione, la Corte di Giustizia ha rispedito la
questione al mittente, trattandosi per il giudice europeo di un interrogativo la
cui risposta spetterebbe all'originario giudice tedesco, alla luce delle
circostanze e dei fatti da cui è maturato il contenzioso.
Ciononostante, il massimo organo giurisdizionale europeo, ha comunque indicato
alcuni degli aspetti di cui tener conto per valutare (e quindi
stabilire) se l'ebayer sia stato o meno consapevole delle irregolarità legate
alle importazioni. Tra questi:
- Se, in passato, il venditore avesse mai informato il fornitore cinese
dell'obbligo di dichiarare la merce in dogana (non potendo il primo ignorare che
sulla merce proveniente da uno Stato extracomunitario non ci fossero dazi da
pagare).
- Se nei contratti di compravendita o su altri documenti a disposizione del
venditore fosse stato mai previsto il pagamento dei dazi, in modo da lasciar
credere all'ebayer che le importazioni erano regolari e quindi "scagionarlo" di
fronte ad eventuali pretese dell'Ufficio doganale.
- La durata dell'accordo di drop ship. - Per la Corte, infatti, se
venditore e fornitore collaboravano da diverso tempo prima che si scoprissero le
irregolarità, è alquanto improbabile che il venditore non
fosse già a conoscenza della pratica del drop shipper di
dichiarare falsamente le merci spedite nell'UE.
Tutti aspetti che, sono certo, interesseranno i tanti ebayers
italiani che hanno stipulato accordi di drop shipping con
fornitori esteri e desiderano conoscere il risvolto di situazioni come quella in
esame, vista la rischiosità insita in questo tipo di
vendita e nei guadagni che ne derivano.
Considerazioni della Corte a parte, ritengo che l'aspetto più interessante
della pronuncia in esame sia proprio dato dall'intervento di per sé
della giurisprudenza europea su una figura così strettamente legata
all'e-commerce b2c ma sconosciuta ancora a molti.
Segno che i tempi cambiano e che, di fronte alle tante incertezze ancora
aleggianti nelle vendite a distanza, sia giunto oramai il momento di fornire le
dovute e non più trascurabili risposte. Risposte di cui gli operatori
dell'e-commerce (soprattutto gli ebayers) dovrebbero iniziare a far tesoro,
visti poi i riflessi che inescusabili "leggerezze" come quella
in esame possono avere su un'attività di vendita online.
Avv. Rocco Gianluca Massa
Studio Legale Massa - www.legalemassa.eu
Responsabile InterTraders - www.intertraders.eu
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